La crisi economica è sempre più stringente. Il governo, le maggiori forze politiche, i media ci trasmettono un unico messaggio: sacrifici; solo così possiamo uscire dalla crisi.
I "sacrifici per tutti" sono diventati "sacrifici per i soliti noti": pensionati, operai, esodati, precari, disoccupati, artigiani, piccoli imprenditori, piccoli commercianti.
Nonostante sia sempre più chiaro il differenziale fra i bassi redditi della maggioranza degli italiani e i redditi del 10% dei ricchi, i sacrifici sono stati tutti concentrati nella parte meno abbiente della popolazione.
Perchè?
Questa, assieme ad altre domande fondamentali quali "che tipo di crisi è questa?" " ci sono modalità alternative per uscirne?", sono state le domande a cui il percorso sulla crisi economica organizzato dal Coordinamento Pace ha cercato di rispondere.
Gli economisti Andrea Di Stefano, Riccardo Bellofiore, Andrea Fumagalli hanno proposto una lettura della crisi alternativa a quella corrente e parlato di possibili modalità alternative per uscire dalla crisi.
Rifiuto netto della distruzione delle conquiste del lavoro e dei servizi sociali (operazione in corso in tutta Europa, guidata dalla destra economica), bene, anche se assolutamente insufficiente, la lotta all'evasione, alla corruzione, ai privilegi.
E' apparso chiaro che quella in corso è una crisi sistemica, scatenata dalla crisi dei subprime negli USA ma con contenuti più complessi.
E' un modello economico andato in crisi, è la bolla della finanziarizzazione che è scoppiata trasformando quello che era un problema di debito privato in un’emergenza da debito pubblico.
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E allora, che senso ha cercare di uscirne assecondando e riproponendo le stesse logiche che ci hanno condotto a questa terribile situazione?
Lo spread, la borsa, le banche sembrano essere gli unici indicatori di riferimento, e intanto il lavoro finisce, le imprese chiudono o delocalizzano, gli ammortizzatori sociali vengono tagliati, la povertà è sempre più estesa.
Di fronte alle enormi spese per finanziare le varie guerre, alle grandi opere inutili, alla privatizzazione di sanità, scuola, servizi sociali, volte a sostenere lobby, gruppi privati e alla sempre maggiore difficoltà per la gran parte dei cittadini di accedere ai servizi sociali, scolastici, sanitari e ai beni comuni di valore universale privatizzati e a costi di mercato, occorre opporsi alle misure di austerity e chiedere più spesa pubblica, rifiutando l'obbligo del pareggio di bilancio che impedisce al pubblico di investire in progetti di sostegno alle popolazioni.
Il debito in se non è cattivo, dipende da come si utilizzano di soldi: se anzichè ripianare i debiti delle banche e sostenere megaprogetti assurdi e inutili, si utilizzano i soldi pubblici per costruire e gestire scuole, ospedali, parchi, attrezzature per l'utilizzo di risorse rinnovabili, il debito diviene investimento produttivo a vantaggio di tutti i cittadini.
Da qui la proposta di un'Audit (analisi della composizione del debito e del suo utilizzo) proposta condivisa da Marco Bertorello del movimento Rivolta il Debito:
- la logica dell'austerità per ridurre il debito non paga come dimostra la situazione della Grecia in cui le politiche di austerità con enormi tagli alla spesa pubblica, licenziamenti, attacchi alle pensioni, impoverimento drammatico della popolazione, non hanno ridotto il debito che ha dovuto essere ristrutturato. E allora, perchè non farlo prima?
La costituzione di una commissione che faccia una seria radiografia del debito, che analizzi le voci che lo costituiscono, che verificando chi possiede i titoli e chi specula sul debito, consenta di costruire proposte di ridimensionamento del debito stesso salvaguardando i piccoli risparmiatori (che comunque possiedono meno di un terzo dei titoli in sofferenza). Il tutto ovviamente senza dimenticare la proposta di una patrimoniale sui grandi patrimoni e sugli "scudati" (evasori beneficiati con una tassazione del solo 5%).
Ristrutturare il debito vuole dire che al tuo creditore non restituisci tutto quello che ti ha prestato. La ristrutturazione del debito nazionale dovrebbe essere accompagnata dalla nazionalizzazione di alcune banche. Banca intesa, ad esempio, sta facendo, in questa fase di crisi, notevoli utili. Bene, allora li faccia per l’Italia,
Come fare?
Ricominciare dal lavoro, dai movimenti, dalle istituzioni locali e dalle forze politiche sane.
Oggi, ci dice Roberto Zanotto della Fiom, si assiste alla distruzione della rete produttiva (le banche non danno finanziamenti, le aziende falliscono anche quando hanno ordini)
Se le aziende non hanno ordini o non hanno finanziamenti, non c’è possibilità di sviluppo. Non solo, oggi sta venendo a mancare un’intera trama industriale: la progettazione, la ricerca non avvengono più in Italia e sono state spostate in paesi dove, a volte, la produzione è più costosa. A Sesto San Giovanni, ad esempio, c’era un laboratorio di ricerca per la riduzione dell’inquinamento atmosferico. E’ stato spostato in USA e in Nord Europa. Questo perché il prodotto collegato alla ricerca non viene acquistato nel nostro paese e, quindi, non c’è nessun tipo di scambio anche dal punto di vista tecnologico.
Insomma, anche se il lavoro dovesse tornare non avremmo più le capacità necessarie per farlo.
I diritti dei lavoratori sono sottoposti ad attacchi violentissimi: oltre all'attacco all'art. 18 sta avanzando la messa in discussione del diritto di sciopero (vedi Marchionne e il caso Fiat).
Di fronte a questa drammatica situazione del lavoro, troppo spesso la lotta dei lavoratori è diventata una difesa solitaria del proprio posto di lavoro, con sempre più ridotta solidarietà e compartecipazione. I tempi per le soluzioni delle vertenze sono lunghissimi, la soluzione è costruita direttamente dai lavoratori coinvolti con il fatto specifico, la solidarietà dei partiti, quando c'è, è purtroppo ininfluente sulla soluzione.
La Fiom, che non si rassegna a questa situazione, è attaccata come irresponsabile.
Occorre sostenere le lotte dei lavoratori, appoggiare lo sforzo della Fiom e dei sindacati di base. Riprendere come lavoratori, precari, disoccupati, in mano il proprio futuro, non cedere alla rassegnazione nè al "non c'è alternativa". L'alternativa c'è e bisogna riprendersela.
Consideriamo l'alternativa rappresentata dal movimento NO TAV - ne ha parlato Luca Giunti, tecnico del movimento No Tav.
Questo movimento che da 20 anni contrasta un'opera assurda ed inutile ha ottenuto, grazie alla presenza di tre componenti che procedono unite (gli amministratori -23 sindaci e il presidente della Comunità Montana -; i tecnici e i legali e I valligiani uniti) due successi:
- è uscito dalla Valle e ha coinvolto realtà in molte città (l'ultima manifestazione ha visto la presenza di 75 mila persone provenienti da tutta Italia)
- ha fatto modificare il faraonico progetto originale.
Ma non basta.
Premesso che il percorso della TAV non si chiama più Corridoio 5 Lisbona-Kiew ma Corridoio Transapadano perché Lisbona e Kiew se ne sono andate, a dimostrazione che è possibile farlo; che la gran parte della Torino/Lione è in Francia, ma l’Italia è il paese che paga di più; che la linea, se non nascono intoppi, sarebbe pronta solo nel 2035, che ad oggi in Val di Susa non è stato fatto nulla, tranne la recinzione di Chiomonte, dichiarata sito strategico di interesse nazionale e quindi militarizzata, Giunti spiega con grafici e documenti ufficiali l'inutilità, la costosità e la dannosità della TAV ( il traffico passeggere e merci è in calo da anni; il costo è indicati in 20 miliardi di Euro (in maggioranza soldi pubblici italiani ed europei), ma è prevista una crescita di 3-6 volte la spesa indicata; oltre al rilevante danno ambientale c'è quello economico: le piccole imprese, i contadini, le attività locali verranno ammazzati):
Infine le spese per "armi di aggressione".
Domenico Argirò, insegnante e appartenente al movimento NOF35 ci spiega l'esperienza di un altro movimento che c'è da anni anche se, a causa della crisi economica, solo ultimamente il No all'acquisto degli F35 sta superando il livello locale per diventare una battaglia nazionale.
i cacciabombardieri costano e costano troppo, ma, è bene ricordarlo, andrebbero combattuti anche se fossero gratis perché sono strumenti offensivi, servono per fare la guerra e basta, con buona pace dell'art. 11 della Costituzione.
Inoltre dovrebbero costare 80 milioni di dollari l’uno, ma Il prezzo sta crescendo e la valutazione è arrivata a 180 milioni di dollari l’uno (180 milioni di dollari x 90 F15 + manutenzione costosissima).
A conclusione viene indicata come importante da valutare e utilizzare l'esperienza della battaglia della Valsusa in quanto azione dal basso che esprime la propria forza nell'unità dei vari aspetti della società: le amministrazioni locali che possono avere un ruolo determinante nel difendere i beni comuni e i diritti dei cittadini, le forze sociali e la società civile in movimento.
E' partito un percorso di conoscenza e di autocoscienza degli strumenti disponibili. Occorre continuare.
Il Coordinamento Pace di Cinisello Balsamo
PER APPROFONDIRE:
Articolo sulla serata con il professor Bellofiore
http://fatelargo.wordpress.com/2012/03/28/economia-dalla-parte-di-chi-non-si-arrende-prospettive-e-alternative/
Resoconto della tavola rotonda del 14 aprile |